Il Processo di Produzione

Ogni birraio nel pensare una ricetta tiene in considerazione il tipo di birra che andrà a produrre. A seconda del tipo di birra, seleziona una miscela di cereali maltati e non, seleziona vari tipi di luppoli, sceglie il lievito più adatto, eventualmente una selezione di spezie. Questa miscela caratterizzerà il mosto sia in colore, aroma e profumo. La miscela viene macinata con l’ausilio di un mulino.

Mulino e macinazione
Nei microbirrifici si utilizza generalmente un mulino molto semplice, a due rulli, con la possibilità di variare rapidamente la distanza tra questi, qualora ci si trovi a lavorare con malti diversi. Per noi Homebrewers, invece, può bastare qualcosa di più economico come un Mulino Marga, o un classico ed indistruttibile Mulino a dischi.
Gli effetti della macinazione sono: schiacciamento e sfarinatura. L’obbiettivo è quello di rompere il chicco in particelle abbastanza piccole per permettere agli enzimi durante la miscelazione di attaccare più superfici in particelle sufficientemente grandi per evitare l’impaccamento della miscela durante la filtrazione.

La Miscelazione
Il primo passo è quello di miscelare il bland di malti con acqua calda per permettere all’acqua stessa di arricchirsi delle proprietà del malto.

L’AMMOSTAMENTO
L’ammostamento (in inglese Mashing, da to mash, che significa impastare o miscelare), e’ la fase del procedimento All Grain che permette di disgregare le eventuali proteine e gli amidi presenti nel malto e produrre zuccheri, che non sono stati resi disponibili durante il processo di maltazione, definendo il rapporto tra maltosio e destrosio. In questa fase, i Kg di malto che inseriremo in pentola andranno ammostati con acqua in un rapporto di circa: 3 Lt Acqua/1 Kg grani. Andremo, inoltre, a misurare  (ed eventualmente correggere) il PH dell’ammostamento per facilitare l’estrazione di zuccheri.
Senza addentrarci troppo in caratteri tecnici, bastera’ sapere che ammostando a temperature diverse otterremo risultati leggermente diversi: questo e’ per esempio un vantaggio della birra all grain.

Ecco per esempio alcune temperature e i rispettivi risultati:
– Tra 50 e 52 gradi disgreghiamo le proteine (Protein Rest). Questo processo inizia con le proteasi, che rompono le molecole pesanti delle proteine in frazioni più piccole come i polipeptidi. Serve per rendere piu’ limpida e stabile la birra, e per migliorare la schiuma: di solito questo step si usa in all grain per il malto Pilsner e dura dai 15 ai 30 minuti.

Conversione degli amidi (diastasi): il processo enzimatico permette di attaccare le molecole di amido scindendole in zuccheri semplici fermentiscibili come glucosio e maltosio (beta-amilasi 60-65°C), o in molecole più lunghe, zuccheri non fermentiscibili, dette destrine (alfa-amilasi 70-75°C):
– Tra 60 e 65 gradi si ottiene piu’ maltosio e in pratica si ottiene leggermente piu’ alcol rispetto a temperature piu’ elevate; il tempo di ammostamento per i malti moderni si aggira tra i 30 e i 60 minuti.
– Tra 68 e 70 gradi si produce piu’ destrosio che in concreto si traduce con un maggior corpo nella birra; anche qui l’ammostamento puo’ variare dai 30 ai 60 minuti.

-A 78 gradi invece di routine facciamo il Mash-Out (questo passaggio sarebbe meglio farlo sempre, anche quando non viene specificato nella ricetta), questo step serve a finire il processo di mash e di solito dura 15 minuti ed assicura la disattivazione dell’amilasi.

Come accennato in precedenza, nel mashing la temperatura dell’acqua attiva degli enzimi presenti nel malto. I più importanti di questi enzimi sono essenzialmente di due tipi: proteolitici (che “rompono” le catene complesse di proteine in aminoacidi e proteine semplici) e diastatici (che convertono gli amidi in zuccheri fermentabili e destrine non fermentabili). Ciascuno di questi processi sono favoriti da una particolare temperatura e condizioni di acidità. L’homebrewer può quindi regolare temperatura (ed eventualmente acidità) per ottenere differenti composizioni del mosto e regolare di conseguenza il termine dell’operazione attraverso la tintura di iodio che ci aiuta a stabilite se gli amidi presenti nei grani sono stati convertiti in zuccheri.

LO SPARGING (LAVAGGIO DELLE TREBBIE)
In questa fase ci occuperemo di come filtrare il mosto dalle trebbie esauste.
Il filtraggio serve per separare il mosto zuccherino dalle trebbie. Per prima cosa scaldiamo un certo quantitativo di acqua a 78 gradi (che verseremo successivamente sulle trebbie). Di solito si usano 3 litri/kg, quindi per 5 kg di grani si useranno in fase di sparging 15 litri di acqua (ripeto, questa e’ una dose di partenza che ognuno con l’esperienza adattera’ al proprio impianto tenendo conto di vari parametri compresa la bollitura del mosto con il luppolo).

Filtrazione del mosto per chi ha un tino di cottura filtrante:
Punto 1) Dopo lo step a 78 gradi (mash-out) lasciare riposare le trebbie una decina di minuti per farle assestare.
Punto 2) Trascorsi i 10 minuti iniziare a prelevare dal rubinetto il mosto (possiamo usare una caraffa): il liquido iniziale che ricaveremo, circa 2-3 lt, sara’ sporco e torbido, per questo motivo lo riverseremo in cima alle trebbie e continueremo l’operazione sino ad ottenere del liquido pulito (per pulito non intendo cristallino, ma quanto piu’ possibile privo di impurita’ quali pezzetti e polveri di malto).
Quando otterremo un mosto pulito possiamo a quel punto attaccare un tubo cristal al rubinetto e raccogliere il liquido in una pentola che poi metteremo a bollire.
Mano a mano che le trebbie inizieranno a scoprirsi, anzi se possibile un poco prima, utilizzando una caraffa e aiutandosi con una schiumarola (mestolo forato) per far si di non creare buchi nelle trebbie, aggiungeremo gradualmente l’acqua calda sino a che non sara’ finita.
Versare l’acqua di sparging non tutta in un punto, ma cercare di essere quanto piu’ uniformi possibili su tutta la superficie delle trebbie, sempre aiutandosi con il mestolo forato per rompere il getto.
L’acqua di sparging non deve superare gli 80°, un’acqua troppo calda potrebbe infatti causare estrazione di tannini che renderebbero astringente la birra. Anche per l’acqua di sparge va misurato il PH per far in modo che sia uguale a quello ricavato dall’ammostamento,
A questo punto è necessario controllare la densita’ del mosto: chi decide di misurare a caldo può utilizzare un rifrattometro, mentre chi usa un normale densimetro, deve far raffreddare prima della misura dato che il densimetro e’ tarato a circa 20 gradi
A questo punto il mosto ottenuto andra’ portato all’ebollizione per poi inserire il luppolo in bollitura.
Qualche consiglio:
Eseguire il filtraggio tenendo il rubinetto non troppo aperto, infatti eseguire lo sparging troppo velocemente incide sul rendimento penalizzandolo e porterà ed una scarsa estrazione, e il flusso troppo veloce d’acqua potrebbe lavare via amido e proteine indesiderate. Tenendo il rubinetto troppo aperto inoltre si rischia di ottenere mosto sporco dato che facilmente verranno succhiati anche farine e pezzetti di malto, cosa che con il rubinetto piu’ chiuso non avviene, dato che passa meno liquido tutto insieme – alcuni consigliano di filtrare circa 1 max 2 litri al minuto.

LA LUPPOLATURA E LA BOLLITURA DEL MOSTO
La Luppolatura
La luppolatura del mosto mediante bollitura è necessaria per due motivi, cioe’ amaricare la birra e renderla al tempo stesso piu’ conservabile, infatti il luppolo nella produzione birraia e’ noto anche per le sue proprieta’ di conservante naturale.
Come procedere:
Generalmente nella ricetta ci sono diverse fasi della luppolatura.
I luppoli sono spesso aggiunti in differenti punti del processo produttivo, con l’obiettivo di contribuire all’amaro, al sapore o all’aroma.
L’amaro da luppolo si ottiene isomerizzando gli alfa acidi per circa 60-90 minuti di bollitura vigorosa.
I luppoli bolliti per 10-40 minuti vengono chiamati luppoli da gusto, perché contribuiscono poco per l’amaro ma rilasciano alcuni oli essenziali che contribuiscono ad un sapore caratteristico.
I luppoli aggiunti alla fine della bollitura, chiamati luppoli da aroma, contribuiscono poco o niente all’amaro, un po’ al sapore, ed in gran parte alle proprietà aromatiche della birra finita.
I luppoli aggiunti dopo o durante la fermentazione (Dry-Hopping), contribuiscono ad un fresco aroma di luppolo.

Questo comunque, lo ripeto, puo’ variare da ricetta a ricetta.
I luppoli, una volta portato il mosto ad ebollizione, vanno inseriti in tempi diversi  In questo modo, mettiamo il caso di una ricetta con 3 gittate, il primo luppolo inserito bollira’ per tutta la durata della bollitura (ad esempio per tutti i 60 minuti), ovviamente il secondo che inseriremo trenta minuti dopo il primo bollira’ solo 30 minuti, e cosi via per il terzo.
Come vedete i tempi di bollitura sono calcolati partendo dalla fine bollitura.

Consigli:
Il luppolo puo’ essere inserito nel mosto direttamente nella pentola e filtrato in fondo alla bollitura, oppure puo’ essere inserito nelle calzette apposite in maniera da non doverlo filtrare.
Chi usa la serpentina di raffreddamento inserita all’interno del mosto deve ricordarsi di metterla 10- 15 minuti prima della fine della bollitura affinche’ la stessa venga sanificata dal mosto bollente.
Il luppolo di norma viene lasciato all’interno della pentola di bollitura sino a raffreddamento completato. Per chi usa il luppolo in pellet una buona soluzione è quella di usare la tecnica del whirlpool: in tale maniera sia luppolo che proteine coagulate rimarranno al centro della pentola.
La stessa tecnica puo’ essere utilizzata anche da chi usa le calzette per il luppolo dopo averle tolte e prima di travasare nel fermentatore: in maniera tale da avere la separazione del mosto dalle proteine coagulate.

Cosa e’ la tecnica del whirlpool e come realizzare il whirlpool in casa.
Il whirlpool viene praticato nei birrifici attraverso pompe e consiste nel mettere in rotazione il mosto tipo mulinello (la parola inglese infatti significa “vortice”): questo fa si che quando il mulinello si ferma tutta la sporcizia rimane al centro del pentolone. Giriamo con un mestolo grande il mosto sino a che non vediamo nella pentola un bel mulinello e poi togliamo il mestolo, aspettiamo una decina di minuti e preleviamo il mosto ai lati della pentola. Chi ha il rubinetto sulla pentola e’ ovviamente avvantaggiato: il mosto va fatto uscire lentamente e quando il livello si abbassera’ vedrete che proteine ed eventuale luppolo sono rimasti al centro. Chi usa lo scambiatore di calore puo’ effettuare questa operazione a caldo, chi invece usa la serpentina di raffreddamento deve effettuare questa operazione dopo il raffreddamento e dopo aver tolto la serpentina.

Alla fine della nostra fatica possiamo inoculare il lievito adatto alla nostra birra e lasciar fermentare fino a fermentazione terminata.

La Bollitura del mosto
La bollitura del mosto è richiesta per le seguenti ragioni:
1) Estrae, isomerizza e dissolve gli alfa-acidi del luppolo
2) Ferma l’attività enzimatica
3) Uccide batteri, funghi e lieviti selvatici
4) Coagula proteine indesiderate
5) Stabilizza i sali per un corretto pH di bollitura
6) Vaporizza indesiderati oli di luppolo aspri, composti solforosi, ed esteri
7) Facilita la formazione di melanoidi e caramellizza alcuni degli zuccheri del mosto
8) Vaporizza acqua, aumentando la densità del mosto portandolo a volume e densità corretti e voluti Separazione del torbido.

Di solito si raccomanda almeno un’ora di bollitura per fare una birra di qualità.. Bollendo per meno di un’ora si rischia di non utilizzare appieno gli acidi del luppolo, quindi il livello di amaro può risultare più basso del voluto. Inoltre la schiuma può risultare non ben formata a causa dell’estrazione impropria di isoomuloni del luppolo.
Una bollitura vivace per un’ora è necessaria per legare i composti del luppolo ai polipeptidi, formando colloidi che rimangono nella birra e aiutano a formare una schiuma stabile. Una bollitura vivace e aperta aiuta inoltre a rimuovere componenti volatili indesiderati, come aspri costituenti del luppolo, esteri, e composti sulfurei. È importante bollire senza il coperchio per permettere che queste sostanze non condensino e ritornino nel mosto.
Anche la limpidezza è modificata da una vivace bollitura: se non dura almeno un’ora, non ci sarà un adeguato hot break per rimuovere le proteine indesiderate. Questo influenzerà la conservazione della birra in bottiglia, perché nel tempo queste proteine faciliteranno la crescita di batteri, anche in bottiglie adeguatamente disinfettate. Le qualità preservative del luppolo non potranno entrare in azione se il mosto non viene bollito per un’ora, perchè non verranno estratti sufficienti quantità di composti.

Raffreddamento del mosto
Al termine della decantazione nel whirlpool , il mosto viene pompato attraverso uno scambiatore di calore che lo raffredda fino ad una temperatura di 18-24°C ( alta fermentazione ) o 8-15°C ( bassa fermentazione ) e
convogliato nel tino di fermentazione .

Ossigenazione
Nel passaggio dal tino di cottura al fermentatore/maturatore oltre che a raffreddare il mosto lo si ossigena, tramite una candela porosa, di ossigeno puro per uso alimentare, per dare migliore vivacità e vitalità al lievito che aggiungeremo in questa fase.

LA FERMENTAZIONE, LA MATURAZIONE DEL MOSTO E LA RIFERMENTAZIONE
La Fermentazione
Quando i lieviti vengono inoculati nel mosto fresco, il processo di fermentazione può essere suddiviso in quattro parti:
1. Latenza: Durante questa fase il lievito si adatterà alla nuova condizione e comincerà a produrre enzimi che serviranno per crescere e fermentare il mosto. I lieviti utilizzeranno, a questo scopo, le loro riserve interne di energia (il glicogeno ed i carboidrati).
2. Fermentazione tumultuosa: Qui il lievito inizierà a riprodursi per raggiungere la densità necessaria per innescare la vera fermentazione. Se il lievito era sano, e il mosto nutriente, ci saranno da uno a tre raddoppiamenti dell’inoculo iniziale. Trasformazione degli zuccheri, generazione di alcool, anidride carbonica, esteri ed alcoli superiori, fondamentali per il gusto e l’aroma della birra finita.
3. Diminuzione della velocità di fermentazione,chiamata anche seconda fermentazione (intervento del birraio) bassa vitalità del lievito saturazione di CO2 nella birra.
4. Arresto della fermentazione (intervento del birraio) sedimento o galleggiamento del lievito.La Maturazione
La maturazione di solito ha inizio con delle tappe di temperatura decrescenti, dalla temperatura di fermentazione fino a 2°C, ciò permette alla birra di:

  • far sedimentare il lievito
  • chiarificarsi
  • permettere a tutti i componenti della birra di amalgamarsi
  • il riassorbimento di alcuni esteri

Rifermentazione post fermentazione
Con l’aggiunta o di zuccheri, o di lievito, o di mosto, al prodotto finito. La rifermentazione permette la creazione altri esteri, quindi sapori più o meno forti ed in evoluzione, garantisce quasi sempre una maggiore durata del prodotto, attenzione ai batteri cattivi. Rilevante è la percentuale di alcool nella birra.
Per molte birre si usa una lavorazione in parte differente da quella vista precedentemente: alla fine della fermentazione primaria, che viene portata fino al grado limite, la birra giovane viene imbottigliata o infestata aggiungendo nuovo mosto dolce o altre sostanze zuccherine.
La birra confezionata viene poi riportata alla medesima temperatura di fermentazione primaria e lasciata , appunto, rifermentare per un periodo di tempo che varia a seconda della birra e della gasatura che vogliamo ottenere, quindi portata al freddo e maturata come nel precedente paragrafo.
La rifermentazione, quasi sempre, rende la birra più ricca di aromi, più corposa e rotonda.

Strumenti di controllo
Il concetto di controllo di qualità
Consiste nel monitorare il sistema di produzione passo per passo individuando i punti critici di processo che devono essere tenuti sotto controllo.

Tra i controlli necessari possiamo citare :
1. determinazione del ph
2. determinazione del grado alcolico
3. l’analisi organolettica della birra in produzione ed in stoccaggio

Determinazione del PH
Il ph è un parametro di controllo molto importante durante la produzione: diverse fasi del processo di produzione dipendono dal ph della miscela in cui avvengono le reazioni di trasformazione.
Ad esempio la funzionalità degli enzimi che scindono le proteine e l’amido del malto dipende anche dal ph della miscela in cui si trovano. L’estrazione dei composti amaricanti del luppolo dipende dal ph, e sempre dal ph, dipende la funzionalità dei lieviti che fermentano il mosto.
Il ph viene misurato con un ph-metro, molto più preciso e meno interpretabile rispetto alle cartine al tornasole.
Si consiglia di misurare il ph:
1. all’inizio dell’ammostamento: per agevolare il lavoro degli enzimi, esso deve oscillare intorno a 5.5; valori più alti daranno una saccarificazione più lenta, minor estrazione di aminoacidi utili ai lieviti e maggiore estrazione di tannini e polifenoli astringenti e sgradevoli;
2. a fine filtrazione: un valore ottimale è 5-5.2; se superiore a 5.8 avremo gli stessi problemi di cui sopra;
3. a fine fermentazione: il ph deve essere circa 4.5 in modo da proteggere la birra dagli agenti patogeni;
4 durante la maturazione: non dovrebbe subire variazioni di rilievo; l’abbassarsi o l’innalzarsi del ph in questa fase è sintomo di degradazioni della birra.

Determinazione del grado alcolico
Questo controllo deve essere fatto sulla birra finita e si basa essenzialmente sull’attenuazione effettuata dai lieviti, mettendo in relazione il grado plato iniziale e quello finale.
A livello avanzato o di laboratorio la determinazione viene svolta con un piccolo distillatore (aerometro) che permette di recuperare l’alcol contenuto nel campione.

L’analisi organolettica
Questa analisi è l’arma più efficace e piacevole che il birraio di un microbirrificio ha per controllare il proprio prodotto.
E’ fondamentale per alcune ragioni ragioni:

  • è il metodo più veloce per sapere se il mosto o la birra sono affetti da malattie o da sapori devianti dall’ordinario. Le alterazioni della birra, infatti, si riconoscono grazie all’odore e al sapore.
  • dalla conoscenza dei sapori e degli odori è quindi possibile sapere cosa sta accadendo al prodotto.
  • è il sistema migliore per rendersi conto se la produzione è standardizzata. L’assaggio ripetuto di ogni cotta in specifici punti della filiera produttiva consente di creare una memoria gustativa sul proprio prodotto.
  • è l’unico sistema per sapere se la birra che si sta producendo ci soddisfa e, se non ci soddisfa, per effettuare cambiamenti di correzione nella cotta successiva cambiando i parametri che non sono soddisfacenti.

L’assaggio deve comprendere alcuni parametri fondamentali che caratterizzano il prodotto:

  • l’aspetto, inteso come colore e limpidezza o torbidezza
  • la schiuma, intesa come dimensione delle bolle e persistenza
  • la gasatura
  • l’aroma, in cui si notano la luppolatura, il fruttato, il floreale, lo speziato,il malto ed eventuali difetti
  • il gusto, inteso come amaro, dolce, acidità, salato, fruttato, floreale,speziato, corposità ed eventuali difetti
  • il retrogusto, inteso come sensazione residua dopo la deglutizione.

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